Chi Sono


Il mio nome alfabetico e’ URO.IIIA. L’antroponimo e’ il nome proprio riferito a una persona e con tale termine si definisce una notazione specifica propria ad una particolare comunita’ o organismo amministrativo atta ad identificare e distinguere una persona.

Nella fattispecie il mio nome e’ Giuseppe Rellini.

Dare o darsi un antroponimo e’ un atto diretto legato ad una attivita’ volta a stabilire l’identita’ di una persona. Pertanto il nome e’ un termine che e’ me medesimo in un altro codice. L’Identificarsi e’ un processo in cui si e’ totalmente o parzialmente uguale ad un altro o all’altro, assumendo come identita’ propria quella dell’altrui.
Pertanto l’altro me che e’ il mio nome alfabetico e’ la collocazione e proiezione di una parte della mia identita’ nel codice della scrittura. L’arte di annettere a se’ e’ una pratica mnemonica molto antica che non e’ certamente relegata al solo codice alfabetico.
Vorrei sottolineare come la proiezione sia un meccanismo di comunicazione emotivo che opera con l’altro esterno a se’ ma uguale a se’. Questo e’ possibile solo attraverso l’empatia.

Qui in breve una piccola chiarificazione della mia sigla di appartenenza

UR       Citta’     Gioco     Principio

URO      Bos taurus primigenius

III A
A        Astro-chelys radiata

A        Aquila Nipalensis

A        Atene Noctua

Vorrei aggiungere che identificarsi significa effettuare un processo di relazione, interazione e modellamento con un qualche cosa esterno da se’ di cui si riconosce un’identita’. Da qui la proiezione e’ un atto in cui ci si introduce all’interno dell’altro per poter relazionare se’ stessi con l’atro se’ che abita in quel particolare oggetto.
In tal modo ci si puo’ vedere dall’esterno, ma non come immagine riflessa, bensi’ come atto di distruggere o curare se’ stessi migliorando o riducendo in polvere l’oggetto della proiezione.
Il nome alfabetico e’ parzialmente o totalmente riconducibile a tale meccanica introiettiva e proiettiva, la cui funzione e’ quella di vedersi dall’esterno al di fuori della propria immagine, in quanto l’oggetto diviene un se’ di relazione a cui far relazionarsi a seconda delle esigenze.

Incapace di identificarmi solo con il nome alfabetico e particolarmente sensibile a particolari oscillazioni che ritrovo in me e nel circostante, mi sono dato anche una Frequenza Identificativa Sonora (SIF). Tale operazione, oltre che eludere la proiezione e l’introiezione di se’ rispetto all’altro, mi ha permesso di accordare la mia identita’ a cio’ che e’ al di fuori di me cercando di capire quali e da quali frequenze la mia identita’ e’ composta.
In tal modo la mia SIF fa le veci di timbro sonoro, di una traccia calligrafica, di un impronta riconducibile solo a quella particolare persona.

Ricercarsi nello spettro sonoro mi ha permesso di emergere dal fondo in quanto soggetto [nell’accezione di sub oggetto, cioe’ di cio’ che e’ sotto l’oggetto] e in questo caso quel che e’ sotto l’oggetto e’ un insieme di frequenze con le loro relative armoniche in grado di invadermi e invadere il circostante, in grado di accordarmi o accordare gli oggetti a me al di fuori di ogni speculazione proiettiva.

Forse attraverso la SIF e’ possibile mantenere la propria identita’ al di fuori dei vincoli temporali e spaziali e magari e’ anche possibile passare la propria identificazione ed identita’ all’Altrui non meglio specificato che abita in uno spazio temporale lontano, ma questo e’ un’altro discorso.

Tra breve dedichero’ una pagina dedicata al mio nome sonoro in cui elenchero’ i miei processi di identificazione.


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